GUIDA ALL’ASCOLTO: CD allegato AUD 191

CHARLES GOUNOD: FAUST

La storia del Faust di Gounod parte da lontano, ossia da quando il ventenne Gounod lesse con grande avidità la traduzione francese del dramma goethiano scritta da Gérard de Nerval, giurando a se stesso che prima o poi lo avrebbe messo in musica.
L’occasione propizia giunse 20 anni più tardi, quando il fondatore del Théatre Lyrique, Leon Carvalho, domandò al compositore se se la sentiva di scrivere un’opera sul tema, sentendosi rispondere: “Un Faust! Ma lo sto preparando da anni!”.
Il libretto venne affidato a Jules Barbier, che compì una serie di scelte non del tutto condivisibili, che da un lato fecero perdere parte della qualità letteraria del testo originale, ma dall’altro garantirono una grande efficacia scenica. L’opera fu tenuta a battesimo il 19 marzo 1859, ottenendo un tiepido successo, ma nel giro di pochi anni seppe conquistare il pubblico fino a diventare una delle icone incontrastate dell’opera francese, più o meno lo stesso destino che ebbe qualche anno dopo la Carmen.

Track n. 1: Valzer

Dopo un incipit orchestrale grandioso, che ricorda i capolavori più famosi di Johann Strauss, i violini espongono il tema principale del valzer, un motivo malioso e di meravigliosa morbidezza [0:06-0:18], che lascia per un attimo spazio a un secondo soggetto dai toni saltellanti affidato ai legni [0:56-1:14], per poi essere riproposto in forma più concisa.

Track n. 2: Ensemble

Una lontana evocazione sottovoce degli ottoni sulla quale si inserisce l’arpa, preannuncia il delicato tema degli archi, una melodia lenta e sognante [0:30-1:17], alla quale fa da contrasto un tema più vivace dei violini [1:18-1:52], che contribuisce a rendere più dinamica la scena d’insieme.

Track n. 3: Danza delle Nubiane

Il gusto per l’esotico che tanto appassionava il pubblico ottocentesco, trova espressione in questa danza dalle movenze sensuali, ma pervasa da una intima forza.

Track n. 4: Danza di Cleopatra

La danza di Cleopatra si apre in maniera grandiosa, come si conviene al rango dell’ultima regina d’Egitto, con una melodia degli archi [0:04-0:30] sostenuta dagli ottoni, che conferisce la dovuta solennità. Un episodio centrale garbato e sottilmente sensuale [0:31-0:56], che vede protagonisti gli archi, rivela l’aspetto più intimo di Cleopatra, prima del ritorno del tema principale.

Track n. 5: Danza delle fanciulle troiane

Dalla sontuosa corte di Cleopatra, Gounod ci conduce a Troia, per la danza delle fanciulle troiane, introdotta da un lungo respiro degli archi impreziosito da uno svolazzo del flauto. I due episodi sono caratterizzati da un tono delicatamente pensoso, che sembra assumere una nota drammatica, per poi sfumare in una conclusione di sublime morbidezza.

Track n. 6: Danza di Elena

Dopo un conciso incipit orchestrale dai toni scopertamente teatrali, che ricorda quello che precede la danza di Cleopatra, la danza di Elena rivela la capricciosa vanità della protagonista della guerra di Troia, con un primo tema [0:06-0:31] che pare raffigurarla nell’atto di truccarsi, seguito da una sezione dai toni gioiosamente saltellanti.

Track n. 7: Baccanale

La sequenza di danze del Faust si chiude con un baccanale pervaso da un’energia diabolica, che trova espressione in un motivo martellante dell’orchestra reso ancora più urgente e viscerale dai piatti [0:10-0:29], al quale si contrappone inutilmente una sezione dall’andamento ondeggiante degli archi [0:30-0:44], che però viene prontamente sommersa dal ritorno della concitazione iniziale. Un terzo tema pensoso e sereno pare placare la furia degli esseri infernali, che però alla fine celebrano il loro trionfo.

Track n. 8:

Charles Gounod: Marcia funebre per una marionetta

Con la Marcia funebre per una marionetta, Gounod volle idealmente riscattare l’onore dell’opera francese, che un secolo prima era stata battuta dall’opera buffa italiana in quella che è passata alla storia con il nome di Querelle des bouffons. Con i suoi toni sopra le righe, questo brano è una parodia di una delle marce funebri che venivano inserite in molte opere buffe. L’introduzione annuncia enfaticamente la ‘morte’ della marionetta, notizia che viene accolta con disperazione da tutti e subito dopo inizia la parte principale, la processione funebre [0:36-0:56], dai toni talmente grotteschi da conquistare addirittura Alfred Hitchcock, che lo volle come sigla di uno dei suoi programmi più famosi. Dopo una breve sezione centrale dai toni più sereni, le marionette tornano a casa per portare avanti la loro non-vita.

 

GEORGES BIZET: CARMEN

Carmen costituì un netto punto di rottura con la tradizione per via dei toni
iperrealistici con cui veniva descritta la vicenda, una torbida storia di amore e morte, che portava sul palcoscenico sigaraie, gitane, contrabbandieri e addirittura un disertore. Nonostante la bellezza della musica, alla prima rappresentazione l’opera cadde clamorosamente, al punto da spingere Bizet ad apportarvi qualche modifica, nella speranza che potesse placare il pubblico. Su una cosa non volle però transigere, nonostante i consigli dei librettisti Henri Meilhac e Ludovic Halévy, mantenendo la sanguinosa conclusione anziché inserire un happy end tra Carmen e Don José. A dispetto di qualche timido apprezzamento giunto soprattutto da intellettuali e artisti, l’opera fece fatica a riprendersi, amareggiando gli ultimi giorni di vita del compositore, che morì sconsolato il 3 giugno 1875, giorno in cui Carmen venne messa in scena per la trentatreesima volta, ottenendo questa volta un incoraggiante successo.

Track n. 9:  Carmen Suite

La Suite si apre con l’atmosfera chiassosa dei Toréadors [0:00-0:14], il tema che all’inizio del quarto atto accompagna la sfilata delle quadriglie dei toreri (“Les voici! voici la quadrille des Toreros!”) e che l’autore aveva inserito all’inizio del Preludio del primo atto. Con le sue sonorità a piena orchestra punteggiate dalle percussioni, questo brano descrive la frenetica atmosfera della corrida, i cui toni di festa sono però destinati a essere funestati dall’assassinio di Carmen. A questa irresistibile esplosione di vitalità segue il ritornello della Chanson du Toréador [1:01-1:26], l’aria con cui Escamillo si presenta con marcata spavalderia nel secondo atto nella taverna di Lillas Pastià. Questa allegria trova un oscuro contrappunto nel Tema del Destino [2:08-3:12], un motivo tormentoso degli archi gravi punteggiato da funerei colpi di timpano, che si sviluppa lentamente preannunciando l’inevitabile fine di Carmen e poi di Don José fino a essere chiuso da un perentorio colpo di piatti. A questa minacciosa premonizione segue il tema del Preludio al quarto atto, con il tamburello a conferire il colore locale alla maliosa e ammiccante melodia dell’oboe in dialogo con l’ottavino [3:27-5-29], che evoca in maniera molto realistica il fascino delle calde notti spagnole, fatte sia per l’amore sia per la fiesta che precede il giorno della corrida. Grazie al successivo ingresso degli archi l’andamento morbido e conturbante acquista energia e ritmo, fino a toccare una voluttuosa eccitazione, capace di infiammare il cuore ma senza eccedere in esasperazioni fuori luogo. Quando pare abbandonarsi all’estasi, d’un tratto si profila un velo di tristezza, che porta a una smorzata conclusione sottovoce. E sottovoce si apre anche la successiva Habanera [5:34-7-30], l’aria d’ingresso di Carmen del primo atto, con la quale la gitana esprime il suo fascino arcano, al quale nessuno può resistere. A tratti la maliosa linea del canto viene interrotta dalla vigorosa esclamazione degli ottoni (“Prends garde è toi!”), che nella linea del canto viene affidata al coro. Due perentori richiami di tromba dai toni marziali – il primo dei quali fuori scena – precedono il tema de La garde montante [7:48-8:20], la marcia dei bambini che imitano il cambio della guardia dei dragoni; questa delicata melodia affidata agli ottavini rende molto bene l’innocuo gioco infantile e a tratti si intreccia con gli interventi di tromba e degli archi, che evocano l’arrivo dei veri soldati, delineando un efficace contrasto tra gioco e realtà. Subito dopo si passa alla serena atmosfera notturna del Preludio del terzo atto, con il canto sublime del flauto sul contrappunto dell’arpa [11:18-11:50], poi ripreso dal clarinetto e dagli archi, che evoca la pace del sentiero innevato che si inoltra tra le montagne. Questa piccola oasi di serenità viene improvvisamente turbata da una nota del corno, che preannuncia l’arrivo della carovana dei contrabbandieri di cui fa parte anche Don José, che ha appena buttato alle ortiche l’uniforme militare. Il tema enunciato dal flauto rende in maniera molto realistica il faticoso procedere dei contrabbandieri [13:48-14:05], che devono a tutti i costi evitare di incappare nei doganieri – rischio che deve essere vanificato da Carmen, Fasquita e Mercedes.

Procedendo verso la loro meta, i contrabbandieri si raccomandano la massima
prudenza, con una accorata linea melodica [15:00-15:26], che rivela il loro spirito di corpo. A questa scena del terzo atto fa seguito Les Dragons d’Alcalà [17:27-18:57], entr’acte del secondo atto e tema dell’aria cantata fuori scena da Don José diretto verso la taverna di Lillas Pastià per incontrare Carmen dopo aver scontato la condanna per averla lasciata fuggire al termine del primo atto. Questa melodia viene eseguita dal fagotto, che con il suo timbro scuro esprime molto bene il rigido
carattere militaresco di quest’aria. Gli archi e i legni cercano di conferire al canto una maggiore leggerezza (in fondo – per quanto ancora militare – Don José si sta recando a un convegno amoroso), che alla fine si stempera dolcemente con gli interventi dell’oboe e del flauto. Segue la Danse bohème, una danza gitana introdotta con accenti sinuosi dai flauti, che prende gradualmente mordente, fino a raggiungere il parossismo [22:45-23:34]. In questo brano – che apre il secondo atto – Bizet si conferma un grande maestro dell’orchestrazione, sfruttando nel modo migliore tutte le risorse timbriche ed espressive dell’orchestra.

Giovanni Tasso