GUIDA ALL’ASCOLTO: CD allegato AUD 190

“The Stokowski Sound”: Dvorak, Gluck, Berlioz, ecc.
su Tape-to-Disc Audiophile Remasters Giovanni Tasso

Nel 1871, Antonín Dvorak lasciò il posto ben retribuito di prima viola al Teatro Provvisorio di Praga per dedicarsi alla composizione. Purtroppo, il successo non giunse subito e il compositore si trovò ad affrontare una situazione sempre più difficile, resa ancora complessa dal fatto che due anni dopo aveva messo su famiglia sposando Anna Cermáková, sorella di una sua allieva di cui si era innamorato non corrisposto.
La svolta giunse nel 1875, quando spedì i manoscritti di 15 opere di ampio respiro a una commissione che doveva assegnare borse di studio ad artisti giovani, talentuosi e indigenti. Per fortuna, di questa commissione facevano parte il celebre critico Eduard Hanslick e Johannes Brahms, che si resero immediatamente conto della levatura di Dvorak. Così, oltre a ricevere la borsa di studio, il compositore si vide spianare la strada verso una vita priva di preoccupazioni economiche. In questo clima felice, Dvorak compose in appena dodici giorni la Serenata per archi op. 22, un’opera di meravigliosa freschezza melodica che vide la luce nello stesso periodo in cui vennero scritti altri capolavori come la Quinta Sinfonia e il Quartetto per archi e pianoforte op. 23.

DVORAK: SERENATA PER ARCHI OP.22

TRACK 1: Moderato

L’opera si apre con un Moderato di intensa melodiosità, con il tema principale [0:01-0:43] che passa agilmente dai violini primi ai violoncelli, creando un incantevole gioco di luci e di ombre, dal quale si percepisce la joie de vivre e la fiducia nel futuro del compositore. A questo tema di ispirazione chiaramente popolare fa seguito una sezione dal carattere più terreno [1:47-2:24], nella quale si mettono in luce soprattutto i violoncelli, ma subito dopo fa ritorno il primo tema, che impone un’atmosfera lirica destinata a fissarsi nel cuore e nella memoria.


TRACK 2: Tempo di Valse

Come hanno fatto notare molti commentatori, il secondo movimento della Serenata sembra rievocare i tempi difficili in cui per sbarcare il lunario Dvorak collaborava con un’orchestra da ballo. Comunque sia, il tema principale [0:01-0:39] presenta una incantevole leggerezza, come il valzer che Tchaikovsky avrebbe scritto qualche anno più tardi per la sua Serenata per archi op. 48. Il tema sievolve fino a sfociare in un Trio [1:55-4:53] dal respiro sottilmente nostalgico, che - prima di lasciare nuovamente spazio al Valzer - sembra preannunciare la melodia del Larghetto.

TRACK 3: Scherzo (Vivace)

Alla aristocratica levità del Tempo di Valse, fa seguito uno Scherzo assai più mosso, nel quale Dvorak pare voler tratteggiare l’allegra confusione di una festa di paese. In questa schietta espressione di gioia collettiva, la dolcezza venata di velata sensualità del secondo e terzo tema [1:11-2:33] pongono l’attenzione su una giovane coppia di innamorati, una nota di delicato romanticismo incastonata in un quadro vivace e chiassoso.

TRACK 4: Larghetto

Nel Larghetto Dvorak si abbandona a una vena di intenso lirismo, che molti ritengono il vertice di quest’opera. Il movimento inizia con i violini che intonano sottovoce il tema già preannunciato nel Tempo di Valse, senza mai scadere in frivoli sdilinquimenti pseudo romantici. Questa incomparabile melodia si snoda senza stanchezze fino alla sezione centrale (Un poco più mosso; [3:13-4:22], che crea una gradevole variazione espressiva, prima del ritorno del tema principale,con la sua sublime aspirazione alla felicità.

TRACK 5: Finale (Allegro vivace)

La Serenata si chiude con un Finale che nella sua brillantezza ruspante ma declinata in una scrittura di grande raffinatezza rende omaggio alle tradizioni popolari della Boemia, uno degli elementi più caratteristici dello stile di Dvorak. In questo clima di felicità vediamo ancora comparire il tema del Moderato iniziale [4:07-5:07], prima dell’incalzante Coda conclusiva.

 

TRACK 6: JS BACH: PRELUDIO
(da: Partita n.6 per violino BWV 1006)

Durante il suo servizio alla corte di Kothen Bach dedicò gran parte delle sue energie al repertorio strumentale, dal momento che la corte calvinista gli lasciava poco spazio per scrivere opere sacre. Tra i numerosi capolavori che videro la luce in questo periodo meritano di essere citate le sei Sonate e Partite per violino solo , considerate tra i maggiori capisaldi della letteratura violinistica di tutti i tempi. La Partita in Mi maggiore BWV 1006 si apre con un monumentale Preludio che in seguito il sommo Cantor lipsiense riprese come sinfonia della cantata Herr Gott, Beherrscher aller Dinge BWV 120a per il suo carattere austero e fortemente marcato, nel quale - come ha scritto la musicologa Ala Botti Caselli - “il fraseggio scandisce e diversifica con i suoi accenti l’ostinato ripetersi delle quartine di semicrome, in una sorta di contrappunto ideale tra melodia e ritmo, come un magico effetto di prospettiva barocca, invisibile sulla carta eppure avvertibile all’ascolto”, che non perde nulla della sua incisività nella trascrizione per orchestra d’archi.

TRACK 7: GLUCK: LENTO
(da: Iphigenia en Aulide)

TRACK 8,9: GLUCK: MUSETTE; SICILIENNE
(da: Armide)

A partire dai primi decenni del XX secolo, grazie ad alcuni pionieri come la clavicembalista Wanda Landowska e direttori curiosi e lungimiranti ebbe inizio la riscoperta del repertorio strumentale barocco, che era caduto da tempo nell’oblio. In quel periodo non si parlava ancora dell’approccio filologico che sarebbe emerso alla fine degli anni Sessanta e molte opere vennero riproposte con trascrizioni in linea con i gusti dell’epoca. A questa riscoperta del cosiddetto “Settecento minore” diede un contributo fondamentale Leopold Stokowski, come si può notare dai tre brani di Christoph Willibald Gluck, oggi considerato tra i principali protagonisti della riforma operistica.
Tra tutte, l’opera che appare meno ‘barocca’ è il Lento tratto da Iphigénie en Aulide (1774), una dolente riflessione sul destino, condotta dai violini, con gli archi gravi che delineano all’orizzonte nubi tenebrose, mentre la Musette dell’Armide (1777) presenta un gaio motivo di danza pastorale, la cui leggera vitalità viene contrappuntata dall’incedere più vigoroso del secondo soggetto s q [0:44-1:07] e la Sicilienne tratta dalla stessa opera è intrisa di un’atmosfera dolcemente contemplativa, che trova espressione in un motivo morbido e avvolgente, che evoca l’immagine del giardino fatato di Armida.

TRACK 10: PAGANINI:
MOTO PERPETUO OP.11

Paganini è stato considerato per molto tempo un compositore interessato solo a un virtuosismo fine a se stesso, pensato più a stupire il pubblico piuttosto che a commuoverlo. Si tratta di uno stereotipo duro a morire, che ha finito per penalizzare la sua produzione, nella quale oggi molti più che la musica vanno a cercare presunti spunti diabolici. In realtà il valore di Paganini risalta anche nelle opere più brillanti, come il Moto perpetuo, che in tutte le sue versioni colpisce per la sua prodigiosa vitalità, conducendoci in un labirinto armonico e melodico apparentemente senza alcuna via d’uscita, con una agile e velocissima linea melodica, che lascia letteralmente senza fiato i musicisti e il pubblico.

TRACK 11: BORODIN: NOTTURNO
(Terzo movimento dal Quartetto n.2 in Re magg. per archi)

Nel 1881 Borodin compose il suo Secondo Quartetto per archi in un lasso di tempo insolitamente breve come dono a sua moglie per il loro ventesimo anniversario di nozze. La spontaneità dell’ispirazione di questo lavoro può essere apprezzata soprattutto nel terzo movimento, un Notturno che ebbe fin da subito ampia diffusione come lavoro a se stante. L’opera si apre con un tema molto intenso, eseguito dai violoncelli sulle sincopi delle viole e dei violini secondi [0:04-0:15], che creano una persistente tensione. Il tema viene ripreso subito dopo dai violini primi fino alla comparsa di un secondo tema più mosso s q [2:30-3:14] che contribuisce a conferire nerbo al morbido fluire melodico di Borodin, non lasciando spazio a vacui sentimentalismi di maniera, ma a una contemplazione serena e consolatoria, fino a quando il canto degli archi si spegne nel silenzio.

TRACK 12: RACHMANINOV: VOCALISE

Dopo aver portato a termine gli Etudes tableaux op. 33, nel 1912 Rachmaninov scrisse dodici delle 14 Romanze op. 34, un ciclo pervaso da un’aura introversa e a tratti addirittura cupa, perché - come disse lo stesso autore - “i toni allegri e brillanti non mi riescono facili”. Due anni più tardi il compositore
concluse questa raccolta con uno dei suoi lavori più noti, Vocalise, un brano vocale privo di testo, che il cantante esegue intonando una vocale a sua scelta. Affidato a un ensemble strumentale, Vocalise non perde nulla della sua maliosa intensità, sviluppandosi in arcate espressive sempre più ampie, che passano da una sezione strumentale all’altra e tengono alta la bandiera del Tardo Romanticismo di fronte all’incalzare delle correnti moderne di Stravinsky e della Seconda Scuola di Vienna.

Giovanni Tasso